Ovvero quello che faccio quando ho tempo libero...
Come avevo già accennato, in un momento di pura pazzia depressiva post-esami, ho deciso di scrivere racconti a commissione.
Questo significa che i miei amici mi hanno detto un genere o un incipit per scrivere un racconto con loro protagonisti.
Dovete poi sapere che tutti i miei amici sono pazzi...Quindi non sono le persone che ti chiedono un fantasy o un western(Vabbè, questi me li hanno chiesti ma dettagli xD)...Anche cose tipo "Il contesto è che io cammino in mezzo alla gente, loro mi fanno del male ma io non posso/voglio rispondere per un motivo superiore...(Non era molto chiara come cosa°°) Oppure..."Epoca post-apocaliptica, tutti il genere umano maschile è...ehm...deceduto, tranne il sottoscritto. Ah si, è voglio morire facendo sesso...(Questo non so se pubblicarlo, dipende dalla vostra capacità di scandalizzarvi o meno °°)
Quindi posterò qualcuno di quelli che ho scritto, spero vi piacciano^^
Questo me l'ha chiesto un mio amico, Tommaso, in arte Mere, con il genere fantasy ma non epic...Qualcosa di molto più leggero...E conoscendo la sua passione per una certa favola...Ecco a voi quello che ne è uscito^^
Un rombo lontano risuonò nell’aria, il vento spazzava con violenza la polvere sulle strade e le foglie degli alberi che, crudelmente, venivano strappate dal loro abbraccio con i rami. Il cielo violaceo preannunciava pioggia, l’aria era pesante e irrespirabile tanto faceva caldo; una luce improvvisa squarciò quella densa e grigia distesa di nuvole, che sembrava fissare minacciose qualunque cosa passasse sotto di loro.
Il passo indolente, la camminata veloce e scattante, i lunghi capelli neri come l’ala di un corvo legati in un codino che a mala pena li tratteneva ordinatamente. Uno sguardo un po’ perso, come se i suoi pensieri e la sua mente fossero lontani chilometri e chilometri, e non si accorgesse nemmeno della pioggia che cominciava lentamente a cadere in grosse gocce. Gocce che si andavano a posare quasi con fragore sul selciato sabbioso, che prendeva lentamente un colorito più scuro…Lentamente grosse macchie cominciarono ad allargarsi, come macchie di sangue, che si riflettevano nel ragazzo che camminava.
Fu un lampo.
E lo vide.
Un fulmine illuminò la sua superficie sporca, il suo manico rovinato, l’argento ormai opaco, sempre che di argento si trattasse. Era adagiato quasi con delicatezza su questo manto di erbetta, verde come i diamanti, luccicante di pioggia come se volesse farsi notare a tutti i costi, come se volesse che proprio lui, con il suo sguardo perso, lo vedesse e lo raccogliesse, lo tenesse tra le sua mani grandi e lo rigirasse e rivoltasse per cercare di capire cosa fosse.
Voleva che lo guardasse con un’espressione stupita, che guardasse attentamente attraverso quella sporcizia per vedere la sua vera essenza, la sua vera anima. Voleva vederlo spalancare gli occhi sorpreso quando avesse visto muoversi qualcosa al suo interno, ombre fugaci che attraversano la superficie diventata improvvisamente lucida, diventata improvvisamente trasparente e della consistenza dell’acqua, diventata improvvisamente delle tonalità dell’argento liquido, che si increspa formando piccole goccioline che vanno a posarsi sulla sua mano.
Vedere i suoi occhi spalancarsi dalla meraviglia mentre fissa con sguardo concentrato le piccole perle sul suo palmo…Le iridi sembrano farsi più scure, lucide come ossidiana liquida, brillanti come un fuoco che non brucia.
Poi qualcosa…Che attira inesorabilmente il suo sguardo ormai curioso…Un ombra con lunghi capelli biondi, un ombra che…piange…
E improvvisamente non è più lì, non è più in piedi, non ha più tra le mani quel misterioso oggetto, non vede più un ombra.
Fissa la bambina che piange, che singhiozza tristemente mentre quella cascata di capelli color oro filato riluce nella luce verdastra del bosco. Non si chiede nulla, non domanda nulla, non si guarda nemmeno in giro. Si abbassa piano al livello della bambina e le fa una carezza sui capelli, che scopre morbidi e vellutati come se fossero aria intessuti di cielo.
La bambina alza gli occhi, con qualche lacrima imperlata sulle ciglia, occhi di un verde meraviglioso, un bosco in cui perdersi, due smeraldi in cui smarrire l’anima. Guarda il ragazzo che continua ad accarezzarle la testa in un gesto tenero quasi meccanico, continuando a fissarla intensamente. Non riesce a capire, forse non gli interessa capire cosa sta succedendo. Il mondo di fiaba in cui è capitato, la bambina che desiderava consolare, tutto questo lo stordisce ma in fondo non sa capire nemmeno lui cosa vuole. La prende per mano e gentilmente la fa alzare in piedi e si alza a sua volta.
Un moto di tenerezza lo invade quando vede che la ragazzina non gli arriva nemmeno alla spalla. Continua a tenerle la mano come un fratello maggiore mentre si incamminano lungo uno dei tanti sentieri che percorrono quel boschetto fitto e scuro. Una montagna di cartelli sono infissi ad ogni angolo e una serie di strani rumori li accompagnano ma il ragazzo e la bambina sembrano camminare ignari di tutto, quasi a volersi confortare a vicenda per la situazione in cui si trovano.
Non riescono a spiegare quello che li lega, non si conoscono nemmeno, non conoscono nemmeno i loro nomi. Sanno solo che in una brutta situazione l’unione fa la forza, un sorriso, una carezza fanno la felicità anche da parte di sconosciuti perché significa che forse non si è mai soli. Certo, magari un raggio di sole non spazza via l’oscurità ma qualcosa illumina. Sta a ciascuno scegliere cosa illuminare, se un angolo che resterà buio o una parete che si illuminerà di una luce bianca e accogliente.
Camminano mano nella mano, ignorando una voce, una voce acuta, sarcastica che quasi prendendoli in giro canticchia – Le strade della Regina, le strade son tutte della Regina – Il ragazzo vede una coda violetta che sparisce dietro il ramo di un albero ma non ci fa caso. Continua la sua marcia, tenendo la mano della ragazzina che lo guarda fiduciosa, rallentando ogni tanto il passo per non farla stancare. Poi sentono dei passetti veloci che corrono verso la loro direzione. E sentono di nuovo la risatina echeggiare tra gli alberi della foresta – I soldati della Regina… -
I due ragazzi cominciano a correre verso una porta che si staglia su quello che sembra il fondo della foresta, un fondo di cartone, come le scenografie a teatro.
Questa è solo una storia. Il giovane guarda la bambina. No, per me è più di una storia.
E improvvisamente una voce, che gli risuona nella testa, una voce dolcissima, come il miele, ma forte, come l’acciaio. La tua storia ormai è terminata. Tu devi andare. Lui scuote la testa. Non vuole, non se la sente. La sua invece non ancora. La sua storia deve ancora essere scritta. La tua è già stata scritta. Ognuno deve tornare alla sua vita. Lui scuote di nuovo la testa. E in quel momento un movimento attira la sua attenzione.
La bambina gli tira la maglietta e lo guarda con uno sguardo sincero, gli occhi brillanti, quegli smeraldi che da subito l’avevano incantato. Gli da in mano una piccolissima chiave d’oro. Vuole che la prenda. Serve per aprire la porta. Lui deve andare. Gli vuole bene per quello che ha fatto. L’ha aiutata a non avere più paura. Perché c’è sempre qualcuno accanto che ti aiuta a percorrere una strada difficile. C’è sempre qualcuno pronto a tenderti la mano quando ne hai bisogno, quando non sai più che strada scegliere, perché è troppo difficile continuare.
Lui prende la chiave dalle mani piccole e bianche di lei e la guarda negli occhi, con uno sguardo sicuro. Lei lo ferma – Non so nemmeno come ti chiami - - Tommaso - - Alice - - Lo so –
Con un sorriso lui apre la porta e una luce bianca accecante lo investe. Chiude gli occhi.
Quando li riapre si scopre bagnato fradicio, sotto la pioggia martellante, ai lati di una strada che conosce bene, con in mano uno specchietto antico che non sa nemmeno da dove provenga. È ancora incrostato di sporcizia, il manico d’argento è ancora opaco ma adesso riesce a leggere una lettera che prima non aveva visto.
Una A.
[Modificato da Yoruichi 14/10/2007 01:04]